Il Reddito di Cittadinanza (introdotto con D.L. 28 gennaio 2019 n.4) rappresenta un sostegno economico volto al reinserimento nel mondo del lavoro e all’inclusione sociale.
Tale beneficio, erogato in misura differente in relazione alla sussistenza di specifiche condizioni dettate dal legislatore, sebbene sintomatico di una situazione di difficoltà economica, rappresenta a tutti gli effetti un reddito (si precisa a riguardo come il RDC debba essere dichiarato nell’ISEE, al pari di ogni indennità, ma è esente IRPEF).
In via generale, la giurisprudenza ha escluso in maniera granitica che l’assenza di redditi sufficienti a garantire il sostentamento del soggetto onerato possa legittimare l’inosservanza dell’obbligo di mantenimento della prole gravante sui genitori. (Cass. Pen. n. 17597/2013)
Sulla base di questa premessa, deve rilevarsi come la percezione del reddito di cittadinanza, da un lato, non giustifichi il venir meno degli obblighi di mantenimento della prole, dall’altro, essendo considerato come un’entrata di natura economica, può legittimare una riduzione dell’assegno di mantenimento disposto in favore del coniuge che, in passato, era privo di reddito.
Inoltre, se il soggetto onerato al versamento del mantenimento nei confronti del coniuge o della prole sia percettore del RDC deve essere altresì consapevole della possibilità che questo sia pienamente pignorabile in caso di inadempimento. La giurisprudenza di merito ha invero chiarito come il Reddito di Cittadinanza sia pignorabile senza l’osservanza dei limiti di cui all’art. 545 c.p.c., potendo disporsi in tal caso anche l’ordine di pagamento diretto al coniuge di una quota di reddito.(Tribunale di Trani, 30 gennaio 2020)